La diagnosi di un tumore è un evento inaspettato e destabilizzante che minaccia la percezione e l’integrità dell’individuo, e compromette la sua continuità psicofisica.
I benefici dell’attività fisica e dello sport nei pazienti oncologici sono ben consolidati, e supportano l’integrazione dell’attività fisica e della pratica sportiva, necessaria nei programmi di sostegno ai pazienti durante e dopo la terapia antitumorale.
Le attività sportive vengono incluse nel tempo libero e all’interno di attività fisiche programmate con durata, frequenza, intensità e regolarità misurabili.
In una ricerca statunitense emerge che livelli più alti di attività fisica nel tempo libero sono associabili ad un rischio più basso di sviluppare 13 di 26 tipologie di cancro. Non ritroviamo soltanto i più comuni come il cancro al seno, al colon e all’endometrio ma anche, ad esempio, l’adenocarcinoma esofageo e il carcinoma del cardias gastrico.
Lo studio ha anche esplorato sistematicamente il ruolo dell’Indice di Massa Corporea nell’associazione dell’attività fisica con l’intero spettro dei tipi di cancro. Si ipotizza che l’attività fisica riduca il rischio di cancro principalmente attraverso l’abbassamento del peso corporeo.
Tumori solitamente correlati all’obesità come l’adenocarcinoma esofageo, i tumori al fegato, al cardias gastrico, ai reni e all’endometrio, erano associati all’Indice di Massa Corporea.
Per contro, l’attività fisica nel tempo libero si associa ad un più alto rischio di melanoma maligno e di carcinoma prostatico in stadio non avanzato. La sensazione della fatica nei pazienti oncologici è probabilità dovuta non soltanto dal cancro stesso ma anche dagli effetti collaterali al suo trattamento. Questo porta ad una prolungata inattività, con conseguente debolezza e rapida stanchezza dopo lo sforzo fisico.
La Commissione Scientifica della Federazione Nazionale della francese Sport and Cancer CAMI, evidenziò la relazione tra l’attività fisica, durante o dopo la terapia antitumorale, e il miglioramento della resistenza alla fatica.
Con la presenza di attività fisica, proprio grazie alla diminuzione della fatica, si rilevano anche dei miglioramenti della qualità della vita (inserimento sociale migliorato, buona salute mentale, ecc.), della forma fisica e cardiovascolare, e una riduzione dei sintomi depressivi (buona salute mentale, miglioramento dell’autostima, immagine corporea, ecc.) e dei sintomi correlati al cancro o al trattamento.
In proposito, emerge come in un altro studio un gruppo di persone sottoposto ad esercizi aerobici vi sia stato un significativo aumento di energia e una diminuzione significativa della fatica e dell’ansia, confermando che l’esercizio riduce l’affaticamento e le misure di disagio emotivo: è probabile che i miglioramenti fisiologici possano essere responsabili degli effetti psicologici. I benefici dell’attività sportiva hanno quindi una funzione protettiva e di prevenzione dal tumore, sia a livello fisiologico che a livello psicologico.
In materia di miglioramento della qualità della vita, è di particolare interesse l’esperienza di Leonardo Cenci, il quale ha combattuto da anni contro un tumore ai polmoni in stadio terminale e che è riuscito a correre due maratone con la malattia in corso.
Dalla sua esperienza e, quindi, da quella della Onlus “Avanti Tutta” di cui è stato Presidente, nascono gli Oncology Games, svoltisi a Roma il 23 e il 24 giugno 2018, progetto europeo che ha come finalità la divulgazione della pratica sportiva come ausilio per far fronte in modo positivo la malattia oncologica, e che può contribuire a migliorare la qualità della vita dei pazienti.
Per quanto siano dichiarati e consolidati gli effetti positivi dell’attività sportiva sulla salute, i risultati sopra riportati in merito ai benefici specifici del contesto della malattia neoplastica sono relativamente recenti, e spesso sono in relazione ad alcune sue forme più comuni (es: cancro al seno e al colon-retto).
Riguardo l’integrazione dell’attività sportiva alle cure palliative, è importante la sua promozione ad ampio raggio, in modo tale che chi soffre di questo male possa ridare significato e rivisitare la propria esperienza di vita entro il processo di adattamento alla malattia stessa.
Tale passaggio culturale deve essere facilitato mediante l’affiancamento del paziente con figure professionali, come ad esempio psico-oncologi, psicologi dello sport, personal trainer opportunamente formati, ecc. in modo da supportare e stimolare il paziente nell’intraprendere e proseguire un percorso utile ma faticoso sia dal punto di vista fisico che, soprattutto, dal punto di vista mentale.